Ha ancora senso viaggiare?

“il turismo il nostro petrolio”: questo mantra dal carattere nazional-popolare è stato martellato incessantemente negli ultimi vent’anni e noi, pensando per sentito dire, l’abbiamo metabolizzato senza analisi particolarmente scrupolose. Gestire un chiringuito era per noi più la alta forma di realizzazione personale.

Nonostante i fallimenti delle politiche dall’alto finalizzate all’ospitalità diffusa, questa visione è ora diventata realtà grazie a realtà come AirBnb, Booking, Instagram & C. E ci siamo resi conto, forse troppo tardi, delle conseguenze negative.

Come l’osservazione di un sistema quantistico ne perturba irrimediabilmente lo stato, il turismo frenetico snatura le realtà che tocca. I luoghi si trasformano in non-luoghi sterili, anonimi, e privati della loro identità. Spazi transitori, da visitare frettolosamente: giusto il tempo di un selfie per dimostrare di esserci stati e poi via, verso altri territori-cartolina da deglutire senza assaporare.

Nemmeno la ricerca di mete alternative rappresenta una soluzione scalabile. Non risolve il problema, ma lo sposta, incentivando l’aumento di infrastrutture a scapito di paesaggi incontaminati, magari luoghi del cuore cari alle popolazioni locali.

In funzione della viralità sui social network, questo fenomeno è in continua espansione e tutta Europa pare si stia progressivamente trasformando in un’Eurolandia fatta di cliché, dove ripetere la medesima esperienza ovunque. E ora le geografie impattate iniziano a tentare di arginare la falla mediante divieti e restrizioni.

Non esiste nemmeno il lato buono della medaglia: il turismo, un’industria a bassa produttività, non contribuirà più di tanto al nostro benessere. Nonostante la saturazione che osserviamo, produce solo il 6% del PIL italiano: per poter continuare a essere una nazione fiorente l’Italia dovrà invece valorizzare le industrie che realmente la rendono ricca, come la farmaceutica, la moda, le costruzioni, la meccanica.

Che fare del nostro tempo libero? Non siamo costretti a partecipare a questa forma di masturbazione collettiva. Possiamo evitare la trappola del turismo e goderci “viaggi mentali” comodamente da casa nostra, anche grazie a Internet: un’esperienza diretta è necessariamente autentica rispetto a un racconto approfondito. E spesso anche sfogliare un libro nella tranquillità del book shop di un museo può essere più piacevole e informativo della visita a una mostra sovraffollata.

«Si cercano un luogo di ritiro, campagne, lidi marini e monti; e anche tu sei solito desiderare fortemente un simile isolamento. Ma tutto questo è proprio di chi non ha la minima istruzione filosofica, visto che è possibile, in qualunque momento lo desideri, ritirarti in te stesso; perché un uomo non può ritirarsi in un luogo più quieto o indisturbato della propria anima, soprattutto chi ha, dentro, principî tali che gli basta affondarvi lo sguardo per raggiungere sùbito il pieno benessere: e per benessere non intendo altro che il giusto ordine interiore.»

— Marco Aurelio, Colloqui con sé stesso, libro IV, 3

Vale dunque ancora la pena di viaggiare? Prendendo in prestito le parole di Walter Bonatti, l'avventura è l’ignoto che abbiamo dentro di noi, un luogo immaginario e fantastico che può farti vivere emozioni straordinarie anche dentro le mura di casa tua. Il mondo geografico è ormai tutto esplorato, ma l'Universo infinito che ci portiamo dentro non riusciremo mai a percorrerlo completamente.

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