Se la privacy sembra una seccatura

Durante un viaggio in America Latina mi è capitato di esibire il mio passaporto, certificazioni vaccinali e altri documenti senza dover firmare scartoffie per il trattamento dei dati. Mi sono sentito nudo…

In effetti negli ultimi anni, fra GDPR, banner dei cookie, password robuste, abbiamo assistito a un’attenzione verso il tema della privacy. Molti la vivono addirittura con fastidio. Qualcun’altro invece custodisce con paranoia la propria identità, temendo lo strapotere di Big Tech.

È pur vero che la possibilità di conoscerci può essere usata per manipolarci. Tuttavia, la maggioranza sottovaluta il vero pericolo, ovvero lo Stato! Tale entità è infinitamente più potente della più potente delle multinazionali e, in potenza, terribilmente più nociva. Noi che viviamo nel mondo libero tendiamo a dare per scontata la democrazia. Ma non dobbiamo mai idealizzare chi esercita il potere su di noi, nemmeno se con le migliori intenzioni. Storicamente, tutto questo è finito in tragedia. Tutti sappiamo, ahimè, come i nazifascisti usarono le anagrafi per identificare gli ebrei.

Purtroppo, lo spirito totalitario è insito nella natura umana. Oggi, ad esempio, in uno stato oppressivo come la Cina si assiste a una massiccia raccolta di dati e a una diffusione di tecnologie di sorveglianza di massa. Possiamo prevenire una tale distopia mantenendo la guardia alta, instancabilmente: se l’informazione è potere, e il potere è male, meglio allora la segretezza. La privacy è un diritto, non una seccatura, e proteggerla significa proteggere noi stessi e le nostre libertà.

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