Cancelkulturkampf

L’Occidente ha sempre meno amici e sempre più nemici. È in guerra con la Russia, il medio oriente, in guerra fredda con l’estremo oriente e, in questo contesto di cambiamenti geopolitici, anche il cosiddetto “sud globale” si sta posizionando contro di esso. E, come se non bastasse, non mancano al suo interno tifosi interessati al suo tramonto definitivo. Tale contraddizione ne indebolisce la missione di soggetto garante della libertà dell’individuo.

L’esempio più vistoso è rappresentato dal cosiddetto wokeism. Tale movimento, partendo da una proposta assolutamente condivisibile di progresso e inclusione e rivendicazione di legittime cause delle minoranze, si è radicato in un fenomeno di odio isterico verso il proprio mondo. E tutto ciò è deleterio in una società come la nostra, si imperfetta, ma che tuttavia offre delle garanzie e delle possibilità di dialogo.

Un atteggiamento conflittuale, volto a gettare benzina sul fuoco non è certo una buona idea. La pace, l’armonia sociale e la tolleranza non possono essere date per scontate, ma vanno costruite con pazienza e lucidità, giorno dopo giorno. Nell’eventualità di un escalation del conflitto sociale, le minoranza difficilmente avrebbero la meglio. Occorre recuperare un lucido realismo e considerare che, benché il mondo possa tranquillamente fare a meno delle minoranze, queste ultime non possono assolutamente fare a meno del resto del mondo. Esistono anche altre vie per superare il disagio, reale o percepito, della discriminazione (un esempio è la pratica dello stoicismo) ed è su questo che vanno diretti i propri sforzi.

Naturalmente la violenza, anche solo verbale, è esecrabile da ogni parte. Nemmeno la reazione al politicamente corretto rappresenta oggi il partito del buon senso e della moderazione. Tuttavia, approcci distruttivi da parte delle minoranze, oltre che esecrabili sono anche alquanto sciocchi, in quanto controproducenti per le minoranze stesse.

Non vi è quindi alcun senso in questo finto progressismo, che invece del progresso, ripropone la vecchia idea della lotta di classe. Dimenticando però che le grandi stagioni di emancipazione che la nostra civiltà ha vissuto nel suo passato recenti, sono dovute soprattutto alle libertà economiche e al benessere che hanno generatoNotoriamente, un popolo pasciuto è meno incattivito., e non tanto a forme di attivismo talvolta controproducentiAnalogamente si osservano come certe forme di ambientalismo, come gli antinuclearisti, sono nei fatti una disgrazia per l’ambiente..

Vi è anche un secondo cortocircuito. L’Occidente è l’unico fazzoletto di terra al mondo dove i diritti, anche delle minoranze, sono in buona parte rispettati e in miglioramento (pur fra alti e bassi). Oggi si respira una atmosfera geopolitica sinistra, simile a quella del 1939. Il fascismo russo, il comunismo cinese e la teocrazia fondamentalista dell’Iran hanno sigillato un’alleanza del male, il cui elemento d’unione è l’odio della nostra cultura e l’idea che l’umanità dovrebbe vivere nell’oppressione.

Questi movimenti woke avrebbero tutto da perdere in un collasso dell’Occidente, eppure hanno una tendenza a schierarsi con gli imperi del male o i loro proxy, quale a esempio Hamas, nonostante la brutalità di questi ultimi verso le donne, gli atei e le persone LGBTEppure non credo che fra Palestina o Israele, o che fra Russia o Stati Uniti avrebbero difficoltà a scegliere dove vorrebbero vivere..

Naturalmente vi sono molti altri tifosi del cupio dissolvi. Forse, in fin dei conti, il movimento woke non è nemmeno così rilevante, e a pensarci bene è ben lontano dal potersi definire una dittatura. Forse le feroci polemiche intorno a esso sono solo una delle innumerevoli distrazioni quotidiane in cui la nostra società si è rifugiata.

Un periodo in cui sembrava che la storia fosse oramai alla meta, in cui i nostri paesi sono stati ricostruiti con ottimismo, e in cui ogni famiglia possiede una casa, un’automobile, il frigorifero e il televisore, è stato interrotto da un brusco risveglio.

L’11 settembre, la crisi dei mutui, il Covid, la guerra in Ucraina, il declino demografico, hanno guastato l’umore. Ma invece di una volontà di riscatto, il dibatto pubblico si è rinchiuso in un divertissement senza fine dove le questioni importanti sono addirittura un tabù. Non sta bene parlare a cena della crisi di Stellantis o dell’ILVA. Molto più divertente sghignazzare sulla sessualità di Imane Khelif.

Ma questo non deve rappresentare un alibi per le minoranze, che hanno comunque il dovere morale di cambiare disco. Senza più una superiorità tecnologica ed economica, il vantaggio residuo dell’Occidente rispetto alle aree del mondo che sembrano sfidarlo sta nel fatto che nella sua opera di smantellamento della libertà di parola è a uno stadio meno avanzato di altri. Avanzamento che occorre arrestare e invertire!

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