Il bene assoluto


M. C. Escher, Relativity, dettaglio. Litografia, 1953

«La più grande malattia filosofica del nostro tempo è costituita dal relativismo intellettuale e dal relativismo morale.»

Potrebbe sembrare una citazione di Joseph Ratzinger, ma in realtà è il filosofo liberale Karl Popper a scandire questo giudizio[1].

E tale ammonimento è più che mai attuale nell’oggi dove questa forma di pensiero guadagna terreno, tradendo la ragione e quindi, dell’uomo stesso. Se è vero che il nostro giudizio può sbagliare, una sana consapevolezza socratica della propria ignoranza non implica l’assenza di una verità. Possiamo anche pensare che tutto è uguale, che la realtà è un sogno: questo ci porta forse a sorridere come il Buddha, ma nel momento in cui viviamo nella realtà siamo costretti a comprendere e decidere: giudicare equivale a pensare e vivere.Non vi è modo di decostruire la realtà, ma la realtà può, in un solo attimo, decostruire qualunque narrativa.

Non possiamo trascendere la nostra natura limitata, ma entro i nostri limiti siamo chiamati a riconoscere che la realtà è un assoluto, l’esistenza è un assoluto, e così la vita umana. La vita, come la morte, è un assoluto e la ragione è lo strumento attraverso cui possiamo comprenderlo. Dalla natura razionale dell’uomo e dalla sua necessità di realizzazione individuale, ne segue che anche i valori etici sono oggettivi e assoluti: la vita è preferibile alla morte, la salute è preferibile alla malattia, l’abbondanza alla scarsità, la sicurezza al pericolo, la liberà alla tirannia, i diritti egualitari alla discriminazione e al fanatismo, l’alfabetismo all’analfabetimo, la conoscenza all’ignoranza, la felicità alla miseria. Intuitivamente comprendiamo questa verità, oltre che le conseguenze della sua negazione.

«L’uomo che si rifiuta di giudicare, che non è né d’accordo né in disaccordo, che dichiara che non ci sono assoluti e crede di sfuggire alla responsabilità, è l’uomo responsabile di tutto il sangue che ora viene versato nel mondo.»

— Ayn Rand, La rivolta di Atlante, 1957

Il fatto che civiltà diverse abbiamo diversi sistemi di credenze non implica che il confronto sia insensato, o che non esista un giusto e uno sbagliato. Il relativismo culturale è quindi tanto sciocco quanto una difesa a priori della propria civiltà. E, se guidato dalla ragione, il confronto può essere un prezioso strumento di arricchimento per una o entrambe le parti.

Fuggire dalla scelta è impossibile, poiché anche il non scegliere è una scelta — ma una scelta che ci consegna all’angoscia di una vita inautentica. Scegliamo dunque! Scegliamo la fiducia nella ragione, nel dialogo e nella democrazia, scegliamo la libertà individuale, dello spirito e del pensiero. Scegliamo valori solidi e proiettati al futuro. Questo caratterizza una società in armonia con la realtà, dove ogni individuo può realizzare sé stesso, e dove il prossimo è un nemico ma un compagno di viaggio con cui scambiare, a reciproco vantaggio, beni materiali e spirituali.

Riferimenti

  1. La libertà è più importante dell'uguaglianza. Popper, K, 2012. Armando Editore.
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