La ricerca dell’assoluto
Come insegna Ulisse, nella Divina Commedia, la sete di sapere è ciò che ci caratterizza come esseri umaniInferno, Canto XXVI, vv. 118-120. E ciò che più profondamente ha ispirato questa brama, è la ricerca del Principio, condizione e fondamento ontologico di tutto, ovvero la realtà prima e ultima, senza la quale non è possibile il darsi della realtà.
Questo fil rouge del pensiero, si dipana dai tempi più antichi a oggi. I greci lo chiamarono arché (ἀρχή). Per Talete era l’acqua, molteplice nelle sue forme e da cui ogni ente ha origine, si nutre e fa ritorno. Per Anassimene invece era l’aria. Per Eraclito, il fuoco, motore dell’incessante divenire dell’Essere —panta rei—. Secondo Anassimandro, la sostanza fondamentale, infinita, eterna e indeterminata, doveva essere diversa da ogni altra sostanza conosciuta, e in essa tutte le sostanze conosciute hanno origine e fine.
Egualmente astratto era l’arché dei pitagorici, il numero: tutto è fatto di numeri, di rapporti, che se sono armonici portano la vita, se non lo sono portano la morte. Secondo Platone, l’essenza della realtà è costituita dalle forme, perfette e immutabili, di cui le cose del mondo sensibile sono soltanto copie imperfette.
È interessante come alle origini dell’indagine sulla non vi fosse alcun confine fra fisica e filosofia. È solo successivamente che le due prospettive divergono. Le rivoluzioni scientifiche del ‘700 e del ‘800 sembrano rivelare un quadro chiaro: la realtà è fatta di atomi e onde elettromagnetiche, governati da leggi perfettamente deterministiche e determinate, e ogni fenomeno osservabile da esse emerge.
Le fumose elucubrazioni filosofiche del passato suonavano quindi ingenue. In questa visione positivista è la scienza a dominare e il cammino dei filosofi è indicato da quello degli scienziatiH. Reichenbach, Il significato filosofico della teoria della relatività, in A. Einstein, Autobiografia scientifica, Boringhieri, Torino, 1979, p. 197.
Ma l’ottimismo è di breve durata. Dapprima, la Teoria della Relatività, che smonta le categorie kantiane dello spazio e del tempo e mostra come la realtà non è affatto come appare, ma è paradossale come un incisione di Escher! Successivamente, e in misura decisamente maggiore, la meccanica quantistica, che in un certo qual senso sembra mettere in dubbio l’esistenza stessa di tale realtà: la funzione d’onda è un entità la cui natura sembra inafferrabile, a metà strada fra il concetto di atto e di potenza aristotelici. La visione cristallina e lineare è definitivamente in crisi.
I confini fra fisica e metafisica tornano fluidi. Da un lato, le nuove scoperte offrono una nuova definizione di archè: tutto, materia, energie e forze, è costituita da un pullulare caleidoscopico di una moltitudine di particelle fondamentali. Il Modello Standard stabilisce 17 tipi di esse[1], ma come sono fatte queste particelle? Già l’atomo è un concetto impossibile da visualizzare. Queste particelle hanno comportamento talvolta ondulatorio, talvolta corpuscolare. Le loro proprietà sembrano definirsi solo nel momento della misura e sono descritte da una funzione d’onda definita in uno spazio matematico astratto. Tale realtà sfugge alle categorie della nostra mente.
«la natura è prima dell’uomo, ma l’uomo è prima della scienza naturale.»
L’essenza della realtà assomiglia quindi maggiormente alle forme platoniche, o alla sostanza astratta di Anassimandro? Potremmo rinunciare a porci la domanda, a ridurre la fisica a un mero strumento di calcolo. Ma questo è contrario alla natura umana e al suo desiderio di evolvere la sua immagine della realtà. In fondo è proprio questa ambizione che ha reso efficace il pensiero scientifico. L’analisi logica e filosofica astratta ritornano allora a essere preziose e diverse proposte interpretative cercano di rispondere ai quesiti fondamentali. Tali interpretazioni sono limitate da veri e proprio teoremi, come il Teorema di Bell[2], a dimostrazione di come il nesso fra fisica e metafisica sia sempre più stretto.
E il quadro potrebbe anche complicarsi in futuro: non vi è ancora una teoria accettata riguardo alla gravità quantistica, ma le ipotesi attuali contengono idee ancora più radicali, dove addirittura lo spazio e il tempo non esistono in quanto tali ma emergono da una realtà ancora più fondamentale. Come può la nostra mente concepire l’esistenza al di fuori dello spazio e del tempo?
La nostalgia di un centro di gravità permanente è forte. Ma il cammino è lontano da una risposta definitiva, e probabilmente non arriverà mai. Non bisogna però farsi scoraggiare da questa mancanza di certezze, per quanto possa apparire disorientante. Essa non è debolezza ma una sana consapevolezza socratica, fondamenta del pensiero razionale inteso come pensiero della curiosità e del mutamento che, rinunciando all’arroganza delle convinzioni, ci permette di rimettere in dubbio ciò che crediamo di sapere e quindi di continuare ad apprendere.
La ricerca dell’assoluto, del fondamento che permane nel divenire, è dunque un viaggio interminabile. Ma come in ogni viaggio, ciò che davvero conta non è la meta, ma il viaggio stesso.
Riferimenti
- https://it.wikipedia.org/wiki/Modello_standard [URL] [URL consultato il 20 agosto 2023]
- On the Einstein Podolsky Rosen paradox [URL] Bell, J.S, 1964. Physics Physique Fizika, Vol 1(3), pp. 195--200. American Physical Society. DOI: 10.1103/PhysicsPhysiqueFizika.1.195