Contro l’open source
Il mondo, dei computer, supposto regno della razionalità calcolatrice, è paradossalmente infestato, quasi per un contrappasso, da un fanatismo quasi giacobino. Il dibattito sull’open source e sul software libero, lungi dall’essere un sereno confronto tecnico, assume talvolta i contorni di un’ortodossia dogmatica.
Vi è un’aria da tribunale rivoluzionario nel giudicare chi osi affermare che il software possa e debba essere venduto. Costituisce un atto di temerarietà “fare coming-out” ed esprimere un dissenso, o anche solo una vaga riserva.
Esistono varie incarnazioni del concetto di open source, molte delle quali, è innegabile, sono una benedizione per l’innovazione. Ma quella che realmente incorpora una concezione politica, e un culto tossico, è quella rappresentato dalla licenza GPL[1] (e affini).
Si percepisce, sottotraccia, un pregiudizio quasi luddista, recentemente fomentato anche dall’antipolitica, secondo cui il lavoro avrebbe valore solo se accompagnato da sudore e fatica tangibile. L’attività svolta seduti davanti a una scrivania, in questa visione, appare quasi un lusso, un passatempo che non merita la dignità del guadagno. Eppure tali lavori sono spesso mentalmente stressanti mentre sono sempre più i lavori tradizionali in fabbrica dove la fatica è mitigata dall’automazione.
O forse, si confonde la facilità con cui il diritto d’autoreIl diritto d’autore è un diritto umano: il numero 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. può essere violato con la concezione che sia lecito farlo. Ma negare la possibilità di mantenersi finanziariamente del proprio lavoro intellettuale alla fine deprime l’innovazione, con una perdita per tutti.
Basta una breve rassegna mentale per constatare come la maggior parte dei progetti GPL siano generalmente degli epigoni dei loro corrispettivi commerciali. OpenOffice è certo al pari di Micosoft Office; Gimp non è Photoshop, Blender non è 3Ds Max et cetera. La dinamica del freeriding, descritta dalla teoria dei giochi, opera qui in modo inesorabile: senza un adeguato incentivo economico, lo sviluppo di soluzioni d’avanguardia finisce per ristagnare.
Nel panorama attuale, osserviamo una tendenza: nella maggior parte dei progetti open source più rilevanti, la GPL non è quasi la scelta primaria, a vantaggio di licenze più business friendly. Contestualmente, sembra stiano perdendo forza anche i movimenti per la legalizzazione della pirateria, o per il libero accesso agli articoli accademici, o in opposizione ai brevetti sul software.
Forse stiamo finalmente entrando in una fase di maturità, abbandonando utopie prive di un solido fondamento, e che forse altro non erano che una versione digitale del marxismo culturale.
Riferimenti
- GNU General Public License [HTML] , 2007-06-29.