La forza della mitezza
Incisione di Souchal, dal libro Lighthouses and Lightships; A Descriptive and Historical Account of Their Mode of Construction and Organization (1870)
«Negli accessi d’ira tieni a portata di mano la considerazione che montare in collera non è virile, mentre un atteggiamento di mite pazienza come è più umano, così pure è più degno di un maschio, e chi lo pratica possiede vigore, nervi saldi e virilità, al contrario di chi si indigna ed è insofferente.»
Un uomo arrabbiato è privo di autocontrollo, dimentica i rapporti di parentela, è sordo alla ragione e ai consigli, s’infuria per delle inezie e non distingue ciò che è vero da ciò che è falso. La rabbia fa male soprattutto a sé stesso, e i danni che infligge sono enormiBenedetto Croce: «La violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruttrice».
L’ira funesta è dunque una passione negativa a cui opporre resistenza. Sebbene non sia facile controllare la nostra reazione iniziale, possiamo comunque influenzarla rimanendo sufficientemente consapevoli di noi stessi e decidendo di non lasciarci travolgere dalla collera.
È fondamentale non cedere alle circostanze il potere di suscitare rabbia in noi: arrabbiarsi con una certa situazione non ha nessun impatto sulla situazione stessa. La calma, al contrario, permette agire in maniera giusta e coraggiosa poiché è attenta e cauta e consente alla mente di individuare soluzioni. Trasforma dunque i segnali fisici del’ira in azioni opposte: rilassa il viso, respira profondamente, abbassa la voce e rallenta il passo. Il nostro stato d’animo si adeguerà alla calma che proiettiamo.
Il mite è colui che “lascia essere l’altro quello che è” e, al contrario del prepotente, desidera esprimere sé stesso non a scapito dell’altro. Le persone miti —nelle parole di BobbioNorberto Bobbio, Elogio Della Mitezza— sono quelle che rendono “più abitabile la nostra aiuola”.
La calma rappresenta altresì uno stato di fiducia ed è alla base della convivenza civile, degli scambi economici e della democrazia. Alla fine, bisogna essere tolleranti con il prossimo: ciascuno di noi lotta per sopravvivere in una realtà sempre più complessa e si trova costretto a cercare un senso alla vita in un Universo privo di senso, confrontandosi con la sfida di coniugare la volontà di vivere e l’inevitabilità della morte. Non è facile mantenere l’imperturbabilità di fronte a tali circostanze. Bisognerebbe prendersela con la natura, ma è silente, allora ce la prendiamo con il prossimo.
Seneca propone questo paragone: ”Uno che vaga per i campi perché non conosce la strada, è meglio indirizzarlo al sentiero cui tendeva, che cacciarlo via”Seneca, De Ira. Invece di una risposta intemperata, dovremmo comportarci razionalmente e compassionevole, e cercare di essere d’aiuto verso le persone che si sono smarrite ed errano nelle loro azioni.