Una questione di equilibrio
DALL·E 3
In un tempo sempre più caratterizzato da polarizzazioni brutali, è facile cadere preda di estremismi dogmatici e dicotomie manichee, incapaci di cogliere la complessità del reale. A offrirci una bussola preziosa è è il principio del Giusto Mezzo, espresso da Aristotele[1], secondo cui la virtù umana altro non è che il fragile punto di equilibro tra due opposti errori, l’uno dei quali pecca per difetto e l’altro per eccesso. “Lagom är bäst”, dicono in Svezia.
I Greci consideravano la moderazione essere un attributo della bellezza, e di conseguenza, buona. Nel secondo libro dell’Etica Nicomachea, il Filosofo elenca le singole virtù:
- Coraggio: giusto mezzo fra viltà e temerarietà;
- Temperanza: giusto mezzo tra intemperanza e insensibilità;
- Generosità: giusto mezzo fra avarizia e prodigalità;
- Magnificenza: giusto mezzo fra volgarità e grettezza d'animo;
- Magnanimità: giusto mezzo tra la vanità e l'umiltà;
- Mitezza: giusto mezzo tra l'iracondia e l'eccessiva flemma;
- Amabilità: giusto mezzo tra misantropia e compiacenza;
- Sincerità: giusto mezzo tra l'ironia e la vanità;
- Arguzia: giusto mezzo tra la buffoneria e la rusticità;
- Giustizia: la virtù principale, “nella giustizia ogni virtù si raccoglie in una sola”.
Un simile concetto è presente anche nel Buddismo, nel Confucianesimo e nella teologia cristiana medievale.
«La strada dell'illuminazione è la linea che sta tra tutti gli opposti estremi.»
Le virtù etiche non si possiedono per natura, anche se l’uomo ha dimostrato di avere la capacità di acquisirle. Si tratta ovviamente di un equilibrio difficile, che non è agevole raggiungere e mantenere. Esso nasce da una ricerca incessante, che si muove tra positivo e negativo e si nutre del continuo alternarsi di sentimenti, esperienze, incontri, riflessioni. La complessità ci può sgomentare e scoraggiare, ma occorre il coraggio di abbandonare ogni illusione semplicistica, in quanto può solo condurre a una vita miserabile.
È attraverso un interminabile esercizio interiore che possiamo navigare nell’apparente contraddizione degli opposti, imparando a lasciare spazio al dubbio mentre si coltiva un solido codice morale; o a essere in grado di vedere il mondo realisticamente, pur vivendo romanticamente; o a essere in grado di pensare profondamente, mentre si agisce instancabilmente. Niente di buono nella vita accade e basta, bisogna essere intenzionali: “Agisco, dunque sono”. Lo stoicismo ci orienta su dove dirigere la nostra azione:
«Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscere la differenza.»
Tale è la natura umana: siamo limitati e al tempo stesso abbiamo nostalgia dell'assoluto. Questa contraddizione non più essere risolta né attraverso la logica pura né dall’annientamento si sé stessi. La ragione lucida è quella che accetta i propri limiti pur mantenendo la volontà di esistere, in uno stato d’animo dove la tensione fra uomo e mondo viene eroicamente mantenuta.
Riferimenti
- Etica Nicomachea, libro II Aristotele,