Una fisica senza metafisica?
Le teorie scientifiche sono vere?
La natura e la validità della nostra conoscenza è oggetto d’indagine sin dai tempi più antichi. E la questione, lungi dall’essere una pura speculazione filosofica, ha pesanti implicazioni pratiche e politiche.
Purtroppo l’educazione scolastica, si limita, al massimo, a una rassegna storica della filosofia, senza stimolare la curiosità o la capacità di giudizio verso questioni fondamentali, che vengono così derubricate come inaccessibili, astruse o semplicemente noiose. E questo è un pericolo per la democrazia, dove la decisionalità diffusa richiede altresì una consapevolezza diffusa.
Priva di solide basi sull’argomento, l’opinione pubblica oscilla fra due estremi. Da un lato una sfiducia nella scienza che spinge nell’irrazionalismo o in atteggiamenti antiscientisti. All’angolo opposto, ma altrettanto pericoloso, vi è una fede laica nella scienza, considerata infallibile.
I vari tentativi di costruzione di una giustificazione della conoscenza assoluta sono puntualmente naufragati. Dalla Teoria delle Idee di Platone, ai giudizi sintentici a priori di Kant, fino alla legge dialettica di Hegel, nulla ha resistito alla sfida del tempo.
Spesso è stato proprio l’avanzamento della scienza a frantumare sistemi filosofici. Ad esempio, come possiamo considerare spazio e tempo come categorie pure dell’intelletto, se la Teoria della Relatività ci insegna che hanno in realtà strutture controintuitive[1]?
Spinti da un evidente successo pratico in campo tecnologico, saremmo tentati a limitarci a un approccio pragmatico: “basta che funzioni”. Ma ridurre la scienza a una mera precisione quantitativa nella predizione dei fenomeni ne svilisce il significato. L’interesse primario è la capacità di evolvere la nostra visione del mondoAltrimenti non avremmo mai abbandonato il modello tolemaico dell’universo, essendo egualmente preciso nelle predizioni quanto quello copernicano..
Ai nostri giorni il materialismo filosofico è talmente pervasivo da essere dato per scontato, ma non dovrebbe esserlo. Se ogni descrizione del mondo è fatta dal suo interno, come può giustificarsi autonomamente? Del resto, le leggi scientifiche sono ricavate per via empirica da osservazioni e assumendo una certa regolarità della realtà. Ma questo processo richiede una giustificazione filosofica. Il Criterio di Falsificazione è una proposta potente, ma non definitivaSi pone un cortocircuito: dato un controesempio, è falsa la teoria o è falso il falsificatore? In ogni caso, questo criterio rappresenta ancora un prezioso strumento, visto il suo trade off fra semplicità concettuale ed efficacia..
È quindi impossibile stabilire una demarcazione o un rapporto gerarchico fra scienza e filosofia. E questo intreccio è ancora più evidente nell’indagine delle strutture fondamentali della realtà.
Le teorie scientifiche sono dunque “vere”? La storia ci insegna che concezioni della natura considerate certe e ovvie sono sempre state sgretolate da nuove scoperte e controesempi. Si veda, ad esempio, la meccanica di Netwon, che per secoli è stata considerata una verità indiscutibile, salvo poi constatarne le sue aporieE i suoi successori, ossia la Teoria della Relatività e la Meccanica Quantistica, presentano a loro volta delle incompatibilità nella formualazione della gravità. Pertanto potrebbero essere rimpazzate in futuro da una nuova teoria più completa, come la Teoria delle Stringhe..
In assenza di giustificazioni filosofiche insuperabili e, applicando un ragionamento meta-induttivo potremmo quindi dire che no, le teorie scientifiche, in senso stretto, non sono vere.
Ma le risposte della scienza pur non essendo definitive, e purn non essendo una forma di verità assoluta (in senso filosofico), rimangono tuttavia le migliori risposte di cui disponiamo oggi. E sono il punto di partenza per il proprio miglioramento.
Riferimenti
- The rise of scientific philosophy Reichenbach, H, 1968. University of California Press.