Ingegneria e Medicina sono le facoltà universitarie più facili.
Può suonare quasi offensivo per chi ha perso i capelli studiando Meccanica Razionale o Fisiologia eppure, vi assicuro che è proprio cosìDi per sé, concludere questi percorsi di studio, è più una questione di forza di volontà che d’intelligenza. In effetti, un laureato in questi studi, anche se poco brillante, troverà abbastanza agevolmente un lavoro (e, visti i tempi, non è affatto male come risultato). Quindi, tali facoltà sono quelle che oggi, più facilmente, garantiscono una vita discreta e prevedibile.
Fino a pochi decenni fa, l’insieme degli studi che garantivano automaticamente l’ascesa sociale era più popoloso. Architetti, avvocati, dentisti e commercialisti delle scorse generazioni hanno fatto i “soldi facili” indipendentemente dal proprio talento (o dalla propria mediocrità professionale).
Oggi, in un mondo sempre più complesso, ogni professionista è costretto a investire duramente su stesso per sopravvivere. E questo riguarda tutti: baristi, architetti, grafici, giornalisti etcA dire il vero, nemmeno gli informatici ne sono risparmiati. Se è vero che un neoalureato si colloca facilmente, è anche vero che tale figura non invecchia certo come il Barolo. Né si può aspettare che la routine lavorativa sia sufficente per mantenerlo professionalmente appetibile.. Qualcuno ancora si illude esistano soluzioni politiche semplicistiche che possano restituirci i lavori facili dei bei tempi andati. Ma, per varie ragioni, questo non succederà:
- il protezionismo porterebbe a un’esplosione dei prezzi delle commodity. Non siamo più disponibili a spendere buona parte dello stipendio solo nel cibo come a fine ‘800;
- il debito pubblico è ormai troppo elevato per distribuire altri soldi a pioggia;
- il vantaggio tecnologico dell’Occidente nei confronti del resto del mondo si è attenuato e continuerà ad attenuarsi;
- le strategie di contenimento dei competitor internazionali si sono rivelate inefficaci.
Non vi è alcun politico o polemica che possa cambiare queste condizioni esogene. Non resta che accettarle stoicamente e reagire nell’unico modo proficuo: diventando protagonisti di se stessi attraverso un processo di auto-miglioramento continuo, per tutta la vita. Un mercato del lavoro sempre più complesso richiede professionalità di livello sempre più alto. I titoli non sono più una questione binaria (ce l’hai o non ce l’hai), ciò che conta è ciò che puoi offire realmente.
Derek Curtis Bok, presidente dell’Università di Harvard, con estrema onestà intellettuale, ha ammesso che: «Non siamo capaci di prepararvi per quel lavoro che quasi certamente non esisterà più intorno a voi. Ormai il lavoro, a causa dei cambiamenti organizzativi e tecnologici, è soggetto a variazioni rapide e radicali. [...] Noi possiamo soltanto insegnarvi a diventare capaci di imparare, perché dovrete reimparare continuamente».
L’università italiana tende a essere poco efficace nella preparazione verso un mondo del lavoro sempre più difficile. I professori universitari sono in buona parte dei ricercatori mancati e tendono a formare i propri studenti verso l’unica strada che concepiscono: quella del ricercatore.
Questo ambiente, oggi tendenzialmente vecchia e burocratica, dovrebbe intraprendere anche altri cambiamenti per rimanere al passo con i tempi. L’abolizione del valore legale del titolo di studio sarebbe sicuramente un’ottima terapia d’urto: non si frequenta solo per il “pezzo di carta”, ma esclusivamente per un valore autentico, sia esso di crescita personale o professionale. Per garantire una maggiore dinamicità sarebbe anche opportuno un “ritorno alle origini”, ovvero un’istituzione libera e privata come nel MedioevoQuesto non impedirebbe a uno stato sociale di sussidiare le rette di studenti bisognosi. Inoltre, oggi è impensabile che formazione finisca a 25 anni. L’università dovrebbe continuare ad erogare aggiornamenti ai propri alumni per tutta la vita, anche solamente telematici. Solo così rimarrebbe competivita rispetto alle nuove piattaforme di eLearning. L’abbondanza di risorse online di qualità rende anche obsolete le lezioni frontali tradizionali, l’attività didattica dovrebbe quindi focalizzarsi sulla discussione e sull’esercitazione. Occorre anche potare i programmi didattici: ha ancora senso spendere anni affinando le doti nel disegno tecnico, quando il CAD esiste da ormai mezzo secolo e trascurare le opportunità e le problematicità dell’intelligenza artificiale?
Ma vivendo in un mondo che cambia velocemente e, allo stesso tempo, in uno Stato pachidermico, non è prudente aspettare che sia l’università ad evolvere. La soluzione più pratica per lo studente consiste nel gettare uno sguardo avanti il prima possibile: una breve esperienza lavorativa può essere più formativa rispetto a ore spese dimostrando teoremi. La consapevolezza del dopo aiuta anche a proseguire negli studi con maggior cognizione di causa. In questo contesto, l’alternanza scuola-lavoro è un’ottima iniziativa, meritevole di ulteriore valorizzazione.
Ogni individuo recuperi quindi il concetto e la pratica della BildungUn termine e un concetto che in tedesco indica un processo di creazione dell’individuo che si riconcilia con la sua stessa essenza, non una mera acquisizione di competenze.