Capitalismo e Pace

Il «capitalismo» è un po’ come il «diavolo» durante il medioevo, la colpa di tutti i malanni dell’umanità, fra cui ovviamente tutte le guerre. Pertanto la pace nel mondo salute arriverà solo con la distruzione del capitalismo e l’instaurazione del suo opposto, che è il socialismo. Purtroppo però la fede cieca nelle ideologie non aiuta a ragionare e porta spesso a prendere decisioni errate. Io vorrei mostrare, a coloro non fossero ermeticamente impermeabili alla logica, che tale idea è assolutamente falsa e che è, anzi, proprio il contrario a essere vero.

In effetti è del tutto intuitivo come la globalizzazione favorisca la pace: maggiori intrecci commerciali interdipendenze economiche fra gli stati rendono la guerra molto meno appetibile, oltre che più complicata. Si pensi ad esempio alla nuova economia digitale e alle opportunità che offre: le conquiste territoriali oggigiorno non sono più la via più breve alla ricchezza. E tali considerazioni non sono affatto campate per aria, ma furono sostenute dai maggiori pensatori dei secoli scorsi: Immanuel Kant, Montesquieu, Max Weber e Adam Smith.

«L’effetto naturale del commercio è il portare la pace.»

— Montesquieu, Lo Spirito delle Leggi, 1748

È anche facile immaginare come in una società altamente sviluppata, dove gli uomini vivono nel benessere e nell’abbondanza, ci sia meno propensione ai rischi della vita militare. E questo contribuisce a una minore proliferazione delle armi: esistono infinite possibilità di spesa più gratificanti rispetto a quella militare. Non a caso sono i regimi più oppressivi a spendere una maggior percentuale del PIL nelle armi (ad esempio, la Corea del Nord, l’Arabia Saudita e l’Iran superano gli USA in questa metrica). Purtroppo le terre meno felici sono anche più fertili per l’oppio del nazionalismo. E sono proprio le passioni a portare ai conflitti. Fateci caso: «Ogni grande orrore nella storia è stato commesso in nome di motivi altruistici.» (Ayn Rand).

Esiste pure lo studio di Erik Gartzle[1], dove viene fatto notare che le nazioni dove vigono limitate libertà economiche sono 14 volte più inclini al conflitto rispetto a quelle libere. In un altro studio, Matthew O. Jackson e Stephen Nei[2] arrivano a una simile conclusione, osservando come una maggiore interconnessione dei mercati si correli a una riduzione della bellicosità fra stati.

In Europa abbiamo un chiaro esempio di questo fenomeno: basti osservare come prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale l’isolamento economico era massimo. Successivamente, nel mondo occidentale sono proliferati trattati di libero scambio, quali la Comunità Europa (o analogamente il NAFTA) e abbiamo in effetti avuto oltre 70 anni di pace e benessere.

Oggi purtroppo le nuove generazioni che non hanno vissuto il fascismo e la Guerra Fredda, non hanno più gli anticorpi contro i totalitarismi. Questo crea un terreno fertile per nuove forme di populismo che, alimentando ad arte le paure, vorrebbero un ritorno al mercantilismo e all’isolazionismo. Dobbiamo quindi mantenere alta la guardia e perseverare nella missione che maggiormente contribuisce alla pace nel mondo: diffondere il Capitalismo.

Riferimenti

  1. The capitalist peace Gartzke, E, 2007. American journal of political science, Vol 15(1), pp. 166-191.
  2. Networks of military alliances, wars, and international trade jacksonm@stanford.edu, M.O.J and Nei, S, 2015. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, Vol 112(50), pp. 15277-84.
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