Il valore della montagna

Di recente vi è stato un aumento della frequentazione della montagna dovuto a vari fattori, quali la pandemia, le belle fotografie su Instagram e forse anche il caldo.

Nonostante il pensiero comune voglia considerare positivamente questo fenomeno, vi sono diversi lati oscuri. Alcuni di essi sono immediatamente riconoscibili nell’aumento del traffico e la difficoltà di parcheggio nelle località di montagna, o nella quantità di fazzoletti sporchi e altri rifiuti che ormai costellano i nostri sentieri. Purtroppo quantità e qualità sono due concetti ben diversi e le frotte dei “neo-montanari” hanno spesso mantenuto le loro cattive abitudini “cittadine” e le loro strutture del pensiero.

E fra esse spicca il desiderio di “valorizzare la montagna”, concetto che si traduce nella proliferazione di nuove funivie e infrastrutture, panchine giganti, ponti tibetani. Ma queste opere comportano inevitabilmente la distruzione di tutto quello per cui, in teoria, vorremmo frequentare la montagna. A volte anche un semplice sentiero, delle catene o dei chiodi possono eliminare la nostra possibilità di misurarci con determinate difficoltà, nell’illusione che un abbassamento artificioso di esse equivalga a una crescita personale.

Ho avuto la medesima discussione con diverse persone e, di fronte alla mia opposizione agli interventi invasivi, sono stato spesso percepito come un neoluddista, irrazionalmente ostile a nuove possibilità di crescita economica e alla trasformazione in parchi giochi di luoghi ancora “non sviluppati”.

Ma la montagna è, di per sé stessa, già valore e non ha bisogno di nessuno “sviluppo”. La sua alterità, con la sua differenza paesaggistica, culturale, naturale è pienamente sufficiente al beneficio del viaggiatore. E ciò che più di tutto connota più di tutto la montagna con i suoi paesaggi e i suoi ambienti naturali è il silenzio.

“Il silenzio non è un’esperienza facile: non piace a tutti. Il silenzio indica un’assenza, come il buio e la notte. È come il vuoto che mette le vertigini, perciò attira tanto chi conosce a fondo la montagna. Il silenzio ci mette di fonte a noi stessi: è il grande spartiacque di chi riesce ad apprezzare le Alpi per quello che sono. E il silenzio è la cosa più fragile che esista: per questo è sempre più prezioso. Andare sulle Alpi significa dunque in ultima analisi giungere a quel poco di silenzio che ci è rimasto disponibile.” (Marco Albino Ferrari)

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