Una questione di equilibrio

In un mondo sempre più polarizzato è importate evitare estremi dogmatici. Uno strumento che ci viene in aiuto è il principio del Giusto Mezzo, espresso da Aristotele[1], secondo cui la virtù umana altro non è che il punto di equilibro tra due opposti errori, l’uno dei quali pecca per difetto e l’altro per eccesso. I Greci consideravano la moderazione essere un attributo della bellezza, e di conseguenza, buona.

Nel secondo libro dell’Etica Nicomachea, il Filosofo elenca le singole virtù:

  • Coraggio: giusto mezzo fra viltà e temerarietà;
  • Temperanza: giusto mezzo tra intemperanza e insensibilità;
  • Generosità: giusto mezzo fra avarizia e prodigalità;
  • Magnificenza: giusto mezzo fra volgarità e grettezza d'animo;
  • Magnanimità: giusto mezzo tra la vanità e l'umiltà;
  • Mitezza: giusto mezzo tra l'iracondia e l'eccessiva flemma;
  • Amabilità: giusto mezzo tra misantropia e compiacenza;
  • Sincerità: giusto mezzo tra l'ironia e la vanità;
  • Arguzia: giusto mezzo tra la buffoneria e la rusticità;
  • Giustizia: la virtù principale, “nella giustizia ogni virtù si raccoglie in una sola”.

Un simile concetto è presente anche nel Buddismo, nel Confucianesimo e nella teologia cristiana medievale.

«La strada dell'illuminazione è la linea che sta tra tutti gli opposti estremi.»

Siddharta

Le virtù etiche non si possiedono per natura, anche se l'uomo ha dimostrato di avere la capacità di acquisirle. Si tratta ovviamente di un equilibrio difficile, che non è agevole raggiungere e mantenere. Esso nasce da una ricerca incessante, che si muove tra positivo e negativo e si nutre del continuo alternarsi di sentimenti, esperienze, incontri, riflessioni. La complessità ci può sgomentare e scoraggiare, ma le illusioni semplicistiche generalmente conducono a una vita miserabile.

Attraverso un interminabile esercizio possiamo navigare nell’apparente contraddizione degli opposti e imparare a lasciare spazio al dubbio mentre si coltiva un solido codice morale; o a essere in grado di vedere il mondo realisticamente, pur vivendo romanticamente; o a essere in grado di pensare profondamente, mentre si agisce instancabilmente. Niente di buono nella vita accade e basta, bisogna essere intenzionali: “Agisco, dunque sono”.

Riferimenti

  1. Etica Nicomachea, libro II Aristotele,
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