Il falso mito dell’eguaglianza

Puntuale, ogni anno, arriva il forum di Davos. E in concomitanza con quest'ultimo, il fatidico rapporto Oxfam sulla disparità sociale, accompagnato da articoli, libri, manifestazioni dove le disparità economiche “causate dal neoliberismo” sono accusate di aver impoverito i popoli.

Certamente la disuguaglianza non è una virtù ed è un problema quando diventa eccessiva, quando offende la dignità delle persone, quando impedisce o blocca le potenzialità di sviluppo. Ma è necessario sfatare alcuni miti.

Innanzitutto, non è la diseguaglianza in sé a determinare il malessere del ceto medio-basso, ma il livello assoluto dei redditi di tale fascia della popolazione. Infatti esistono stati come gli USA dove le disparità economiche sono maggiori, ma la ricchezza è talmente elevata che anche chi a meno, per quanto si lamenti, in fin dei conti non muore certo di fame. Altri stati, come quelli africani, hanno invece un coefficiente di GINI basso ma ciò significa semplicemente che stanno tutti egualmente male (perché non è vero che “mal comune, mezzo gaudio”).

Del resto basta guardare dove si spostano le persone: verso gli stati più benestanti e verso le grandi città, ossia si va dove c’è più ricchezza, non dove c’è più eguaglianza. E questo vale anche per chi vive in estrema povertà, come i senzatetto: evidentemente dove si sta meglio, stanno obiettivamente meglio tutti (a meno che non ci lasciamo sopraffare dall’invidia).

Il secondo mito invece vorrebbe la ricchezza come un gioco a somma zero, da cui ne seguirebbe che è moralmente giusto espropriare i beni a chi ne ha più, essendo che deve per forza aver “rubato”. Ma questo è assolutamente falso, in quanto la ricchezza viene creata dal nulla: supponiamo che Tizio possieda 15.000 €. Caio, che è un meccanico in gamba, inventa e costruisce un automobile e la vende a Tizio. A questo punto la ricchezza totale è pari a 30.000 €: Tizio possiede ancora beni pari a 15.000 € (e potrebbe in futuro liquidarli rivendendo l’automobile).

«Non della forza dei muscoli o dei fucili. Il benessere è il prodotto della capacità dell’uomo di pensare.»

(Ayn Rand, La Rivolta di Atlante, discorso sul denaro di Francisco D’Anconia)

Ma se a una diversa quantità di denaro corrisponde una diversa quantità di lavoro, allora è la redistribuzione a essere un’ingiustizia. Ed è proprio la redistribuzione a essere un gioco a somma zero. L’economica pianifica ha inoltre un lato oscuro: essa infatti ci porta a perdere la libertà e l’utopia è destinata a trasformasi in distopia.

L’attenzione verso la diseguaglianza è quindi soltanto una distrazione nel discorso sulla povertà e l’esclusione sociale. Ciò che davvero conta è la produzione di ricchezza: l’economica deve quindi ricominciare a crescere stabilmente affinché la coperta cessi di essere troppo corta.

Questo concetto è stato brillantemente spiegato da Piero Angela ricorrendo alla metafora del latte di mucca.

La mucca, il latte e la politica

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